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interventi Seno

Capezzoli introflessi

Cosa sono e come si curano i capezzoli retratti

I capezzoli introflessi sono un quadro patologico caratterizzato dall’infossamento dei capezzoli e dalla impossibilità ad una normale erezione. Si può presentare mono o bilaterale e il più delle volte è congenito, legato ad una anomalia dei dotti galattofori che appaiono corti e retratti, in altri casi è la conseguenza di processi infiammatori o di retrazioni cicatriziali da intervento chirurgico.

E’ possibile correggere chirurgicamente i capezzoli introflessi mediante la sezione dei dotti galattofori e l’eventuale utilizzo di lembi dermici per ridurre l’incidenza delle recidive; la semplice sezione dei dotti spesso non è sufficiente a risolvere il problema. La sezione dei dotti comporta la compromissione dell’allattamento. 
Per chi non volesse sottoporsi all’intervento chirurgico esiste la possibilità di applicare una piccola “ventosa” (Niplette) che mantiene il capezzolo estroflesso aspirandolo verso l’esterno. 
Questo trattamento va protratto per mesi, l’apparecchio è visibile al di sotto dei vestiti e, soprattutto, ha un alto tasso di recidiva. 
L’intervento di correzione dei capezzoli introflessi è un intervento ambulatoriale che si esegue in anestesia locale e dura circa 40 minuti (se bilaterale); sono necessarie due medicazioni postoperatorie e il ritorno all’attività lavorativa può essere il giorno successivo o dopo due giorni dall’intervento.
In alcuni casi il capezzolo può essere troppo sporgente o troppo voluminoso; in questo caso e’ possibile intervenire ridimensionando il capezzolo mediante un intervento chirurgico di asportazione di piccole porzioni di tessuto; lo stesso dicasi in caso di capezzoli asimmetrici o di capezzoli sovrannumerari.

Intervento e anestesia

Per risolvere il problema del capezzolo introflesso in modo permanente è necessario ricorrere ad un intervento chirurgico.  Durante l’intervento si effettua un’incisione attorno al capezzolo che viene spinto verso l’esterno dopo aver effettuato una sezione dei dotti galattofori ed eliminato le aderenze che trattenevano il capezzolo verso l’interno. Questo tipo di intervento va ad agire sui dotti, di conseguenza va a compromettere l’allattamento. Una alternativa non chirurgica è l’utilizzo di  Niplette, una sorta di ventosa che richiama all’esterno il capezzolo ma in maniera temporanea. 


L’intervento di correzione dei capezzoli introflessi è un intervento ambulatoriale che si esegue in anestesia locale e ha una durata di circa 40 minuti (se bilaterale). 

Cosa succede dopo l’operazione?

Dopo l’operazione vengono applicate due medicazioni con un tutore che manterrà estroflesso il capezzolo per una settimana  e  che verranno poi rimosse alla prima medicazione dopo 7 giorni. Il ritorno all’attività lavorativa può essere immediato a patto che si presti attenzione a non urtare la zona interessata e non si facciano sforzi fisici importanti.


In alcuni casi, dopo l’intervento, il capezzolo può risultare troppo sporgente o troppo voluminoso: è possibile intervenire ridimensionando il capezzolo mediante un intervento chirurgico di asportazione di piccole porzioni di tessuto. Lo stesso procedimento è previsto anche nei casi di capezzoli asimmetrici o di capezzoli sovrannumerari.

Cicatrici

Essendo un intervento localizzato in una piccola area, le cicatrici non saranno visibili e guariranno in poco tempo. Per favorire una corretta cicatrizzazione ed evitare eventuali complicazioni è bene seguire scrupolosamente le indicazioni date da medico.

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Domande e Risposte

Per capire se hai i capezzoli introflessi o piatti prendi tra le dita l'areola, a un paio di centimetri di distanza dal capezzolo, e premi: se il capezzolo non sporge viene definito piatto, se si ritrae nel seno o appare concavo, si considera introflesso.
Esistono alcune tecniche per far sporgere leggermente il capezzolo piatto: ad esempio ruotare il capezzolo più volte o appoggiarci un cubetto di ghiaccio può aiutarlo a farlo diventare più turgido e facilitare il neonato nell’attaccamento al seno.
È una cosa molto soggettiva: nella maggior parte dei casi la sensibilità del capezzolo non viene compromessa.
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Dott. Pier Luigi Gibelli